"La mia vita e le mie fortune sono delle mostruosità la colpa e' in parte di Giunone, in parte della mia bellezze solamente potessi liberarmi della mia bellezza ed avere un aspetto piu' brutto di quello che potrebbe avere una statua a cui siano stati cancellati i colori." 

Questo disse Euripide per bocca di Elena alcuni secoli fa. 
Ma come e' possibile eliminare i colori da una statua fatta solamente di marmo o di bronzo? forse agli occhi dei greci era ovvio che le statue fossero ricoperte da colori?. Di certo si sa che tutt'oggi alcuni marmi custoditi nei musei e nelle collezioni sparse in tutto il mondo, presentano ancora abbondanti tracce di colore, per lo piu' rosse, nere o blu scure. 
Dalle fonti archivistiche e' anche noto che quando le statue venivano dissotterrate, presentavano tracce di colore che sbiadivano poco dopo a contatto con l'ossigeno dell'aria. Ma esistevano altri colori oltre a quelli che vediamo oggi? ed in caso affermativo, come si presentavano?
Alla risposta a questa domanda, uno studioso dell'università di Monaco, Vinzenz Brinkmann, ha dedicato 25 anni della sua vita.
Grazie alle sue ultime ricerche sulle tecniche ricostruttive ed alla scoperta di nuovi metodi di indagine su materiali, l'archeologo ha scoperto come le statue si presentavano agli occhi dei greci e dei Romani.

I primi studi si sono concentrati su alcuni marmi del gruppo scultoreo appartenente al Tempio di Aphaia ad Egina del 480 a.C. in possesso alla gispoteca di Monaco, ed in particolare la sua attenzione si concentro' sulla figura di un'arciere, Paride. Usando l'ultravioletto, una banda della luce che, con i raggi infrarossi, non e' percepibile all'occhio umano, e' riuscito a "vedere" che le superfici marmoree erano ricoperte da "macchie" rivelatesi, tratti, motivi geometrici e forme.
Egli inoltre noto' che se la superficie veniva colpita con luce radente, ossia quasi parallela alla superficie delle statue, si notavano dei "bassorilievi".
Questi erano causate dalle sovrapposizioni di colore che, dissolvendosi, avevano protetto dalla erosione, in modo differenziato, il marmo lasciando appunto "una impronta".
Ma, per risalire al materiale usato per ri-disegnare quelle macchie e, quindi, di identificarne con la massima precisione possibile il colore, ha usato tecniche di analisi che permettono di sapere di "cosa" e' composta quella materia. Ha scoperto che per produrre i pigmenti i pittori avevano usato materiale sia di origine minerale che organica: 

  • verde - la malachite 
  • blu - azzurrite 
  • nero - ossa bruciate trattate con il vino 
  • giallo e ocra - l'arsenico combinato con altri materiali 
  • rosso - cinabro.

In passato per fare una copia di una scultura, veniva utilizzata la tecnica del "calco in Gesso", in pratica si avvolgeva la scultura con strati di tessuto misto a gesso ed, ad essiccazione avvenuta, si otteneva un "negativo" in cui poteva essere colato nuovamente gesso liquido ed avere una copia fedele all'originale.
Ma questa tecnica andava ad intaccare e distruggere gli strati esterni del manufatto, estremamente delicati, su cui erano stesi i colori, rendendoli via via più sbiaditi. Questa e' stata la causa della "pulitura" dei marmi del Partenone.
L'archeologo ha cosi' optato per la nuova tecnologia, non invasiva, della scansione 3D. Ha cosi' ricopiato e riprodotto, restituendo il colore, alcune statue, ed ecco alcuni dei suoi lavori:

Arch. F. Moncada 

Paride - Tempio di Aphaia ad Egina

Statua del Tempio di Aphaia ad Egina 

Dettaglio del mantello della Statua di Athena - Tempio di Aphaia ad Egina

Statua di Guerriero




Stele di Paramythion, 380-370 B.C., grecia, custodita a Monaco. Nell'immagine a sinistra come appare oggi, a destra come la stele appare sotto i raggi ultravioletti, al centro la ricostruzione a colori.Il vaso serviva a contenere l'acqua per il bagno di una sposa. La presenza del vaso nella sua tomba suggerisce che la giovane sposa Paramythion sta salutando il padre o il futuro marito, e che sia morta prima del matrimonio. 



Stele di Guerriero

Statua di Apollo 


L'imperatore Caligola 

E se la stessa tecnica fosse utilizzata, per esempio, sulle metope dei templi di Selinunte, custodite al Museo Archeologico Regionale di Palermo? O come non pensare all'Efebo di Agrigento? o l'Auriga di Mozia? erano di marmo bianco? a colori? nell'attesa che qualche archeologo o studioso si ponga la domanda e dia una risposta, proviamo a ricostruirne ed a immaginare, con un programma di fotoritocco come, "forse", sarebbero potuti apparire.

Auriga di Mozia a Colori - Motya charioteer color
Auriga di Mozia a Colori - Motya charioteer color 



L'Efebo di Agrigento a colori
L'Efebo di Agrigento a colori 

foto tratta da Wikipedia, all right reserved. 


Guerriero - dal frontone del tempio di Giove olimpico
Guerriero - dal frontone del tempio di Giove olimpico 
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