Statua del guerriero di Agrigento |
Il torso fu ritrovato dall'archeologo Ricci nel 1940 tra i materiali di riempimento di una cisterna ricavata all'interno del pilone sud del tempio di Giove. La mano sinistra che stringe l'impugnatura di uno scudo e parte della coscia destra, furono rinvenuti da De Miro nel 1958 sempre nell'area del tempio di Giove. Della testa si sconoscono sia le circostanze che la data del ritrovamento, si sa solo che proviene da una cisterna nei pressi del tempio di Ercole.
Della statua sono state avanzate alcune ipotesi ricostruttive. La prima in ordine di tempo è stata quella dell'archeologa Ursula Knigge che, basandosi esclusivamente sul torso, propose un gruppo scultoreo composto da un gigante caduto e una dea.
Rielaborazione grafica della ricostruzione di Ursula Knigge |
Ernesto De Miro per quanto riguarda la posizione non si allontana dalla ipotesi di Ursula Knigge, ma basandosi sull'area di ritrovamento dei frammenti, la datazione e lo stile, crede che facesse parte delle sculture che adornavano i frontoni del Tempio di Ercole(di fine VI secolo) , e che rappresentasse il gigante Cicno, figlio di Ares, che combatte contro Ercole.
Il probabile inserimento in un timpano o comunque un accostamento ad un muro è suggerito da un foro quadrangolare ricavato sul dorso del marmo, in cui doveva essere inserito un elemento di collegamento. L'archeologa Knigge, al contrario, lo interpreta come i resti del collegamento del braccio destro al torso.
Dettaglio del torso |
L'altro elemento che suggerisce la posizione piegata del braccio sinistro e dello scudo, sono le tracce del bordo dell'oplon sulla spalla posteriore sinistra.
L'opera sarebbe da attribuire, in via del tutto ipotetica, a Pitagora da Reggio.
per ultimo, lo studio di M. Barbanera, da cui è stato ricavato un gesso ad opera dello scultore Mercatali, oggi custodito al Museo d'arte classica a Roma. Partendo dall'analisi dei calchi donati dalla soprintendenza di Agrigento al museo romano, propone che la figura rappresenti un gigante, con elmo attico, distesa, che si appoggia con lo scudo sul braccio sinistro, mentre con la destra si protegge o brandisce una spada. Condividendo la tesi di De Miro, esclude che appartenesse alla gigantomachia del tempio di Zeus, e, date le sue dimensioni, la colloca sulla parte sinistra, in posizione centrale, in uno dei timpani del Tempio di Ercole.
Con molta probabilità una patina di colore rifiniva il marmo, ma l'esposizione agli agenti atmosferici (documentate da vistose macchie di ruggine sulla testa), l'azione dell'uomo, (la coscia destra risulta annerita dal fuoco ed alcuni elementi dell'elmo, visiera e cimiero, sono stati eliminati a colpi di martello e scalpello)