In un convento trecentesco, nel cuore della valle dei templi, sorge uno tra i più importanti musei siciliani, si tratta del Museo Archeologico Regionale di  Agrigento.
Nelle sue sale sono custoditi circa 5.000 reperti di cui alcuni, di inestimabile valore, come ad esempio il Cratere di Gela, l'efebo o la gigantesca statua di un Telamone.
Di tanto in tanto, vuoi per una mostra, un convegno o una presentazione di un libro, ne approfitto per visitarne le sale.
Il museo fu edificato negli anni settanta e, nonostante sia passato più di mezzo secolo, l'allestimento delle sue sale è rimasto quasi immutato.
La concentrazione e l'attenzione che metto nell'osservare i reperti nulla possono contro il caos ordinato degli oggetti esposti nelle teche.
Ma con il tempo ho imparato a vedere il bicchiere sempre mezzo pieno, così non mi concentro più né sul caos né sul INV riportato sui "pizzini" che accompagnano ogni singolo reperto.
Mi capita così di fare grandi, interessanti e personalissime mie scoperte.
In una teca della sala dove sono esposti dei sarcofagi di periodo greco/romano, è nascosto dietro un anonimo numero di inventario (il famigerato INV), un vaso la cui forma ha attirato subito la mia attenzione.
Un piccolo cavallo rosa di terracotta che fu scoperto negli anni ottanta dall'archeologo Ernesto De Miro.
Il cavallo proviene dalla tomba n 1086 della necropoli agrigentina di Pezzino e fu datato dallo stesso archeologo alla prima metà del V sec. a.C.
Il vaso è un "askos" e poteva essere modellato con forme diverse: figure animali (uccello, pesce, cavallo...), relative parti (chela di granchio, testa di cervo) fino ad arrivare alle triremi!. 

Askos Met Museum New York
Askos a forma di imbarcazione (MFA di Boston)

Il corpo del vaso veniva decorato con figure geometriche o vegetali, e fu diffuso in Grecia dal periodo preistorico a quello ellenistico.
Data la sua particolare forma, era adatto al dosaggio di liquidi, quindi utile per riempire o rabboccare le lucerne di olio di oliva, per trasferire essenze o oli profumati in altri  contenitori, per esempio ad un alabastron o, semplicemente, come biberon. In questo ultimo caso, anche se la forma poteva essere differente, è chiamato Guttus (lat.  "goccia").
Nel 2018, in un riempimento di una delle strutture del teatro greco, vennero ritrovati degli oggetti di uso comune usati prevalentemente per bere, tra di essi era presente anche un guttus.



Questo però non è l'unico guttus conservato nel museo agrigentino, è infatti presente un vaso ricomposto da più frammenti che fu scoperto nel 1956 a Mussomeli (CL).

Guttus di Mussomeli
Il Guttus di Mussomeli

Se si inserivano nel vaso delle palline con forma o materiale diversi, il "Guttus" diventava "tintinnabula", da biberon a giocattolo "tintinnante" bastava un attimo.
Ritorniamo però all'askos a forma di "cavallo", l'archeologo De Miro afferma che spesso venivano ritrovati come corredo funerario per sepolture di donne o bambini e, inoltre, era molto comune in ambito siciliano.
Quindi mi sono chiesto: ma l'askos "equino" quanto era comune? 
Ne troviamo per esempio uno in un articolo di Maria Teresa Magro LINK , in cui l'archeologa descrive e  analizza i vasi plastici rinvenuti nel 1886 nella necropoli di Santa Anastasia di Randazzo (CT). L'askos fa parte della collezione Vagliasindi e presenta un corpo molto allungato:

l'askos della collezione Vagliasindi di Randazzo
l'askos della collezione Vagliasindi di Randazzo

Un altro vaso simile a quello girgentano  è stato rinvenuto dall'archeologo Matteo Valentino negli scavi da lui effettuati nel 2017 ad Himera.
Sfortunatamente non sappiamo se il corredo funerario appartenesse a un uomo o una donna in quanto lo scheletro non si è conservato.
Askos imerese
Askos imerese
da "Nota su di una Tomba della necropoli occidentale di Himera" di Matteo Valentino

Altro esemplare, si trova nel Museo Archeologico dell'Università di Catania, anche questo ricomposto da più frammenti, di cui alcuni mancanti, e nella parte ricostruita in gesso, è stata aggiunto erroneamente un quarto arto, che la direzione del Museo ha voluto conservare, (questo reperto, ha una storia mooolto particolare tanto da essere stato definito un "falso originale", ma ne riparleremo in un'altro post).

Askos Catanese - Museo archeologico Universitario di Catania -
Askos Catanese - Museo archeologico Universitario di Catania -

Altro guttus "decapitato", è presente nel Museo Archeologico Ibleo di Ragusa e proviene da Camarina, n. di Catalogo 5738 (GUTTUS)

Guttus. Camarina, Ragusa, Sicily


Il guttus selinuntino (oggi all'asta LINK) surclassa per qualità dei dettagli, tutti quelli che sono riuscito a trovare

L'askos selinuntino
L'askos selinuntino

Troviamo askos emigrati anche oltremanica, precisamente nella sala 171 del MET Museum di New York anche questo proveniente dalla Sicilia o Sud Italia.

L'askos a forma di cavallo del MET Museum
L'askos a forma di cavallo del MET Museum

Per pura casualità ne ho trovato uno "virtuale" o meglio "cartaceo".
Agli inizi del Novecento l'allora sovrintendente Paolo Orsi effettuò una campagna di scavo a Gela, venne così scoperta una singolare sepoltura nella parte occidentale di Via Salerno.
Così l'archeologo descrisse il ritrovamento: 
"Sepp. 243-245. S (...) Subito sotto apparve un coperchio fittile rettangolare bombato al centro, eguale a qualche raro esemplare di Megara H. e ad altri di Camarina, il quale proteggeva due scheletri infantili col cranio ad E; esternamente ad esso il vasetto foggiato ad animale dato a fig. 98 ed una piccola lekythos a palmette nere. (...) (fig. 99)

 

Schizzo ricostruttivo delle sepoltura Paolo Orsi
Schizzo ricostruttivo delle sepoltura

L'askos gelese
L'askos gelese

L'askos gelese è straordinariamente simile per forma, dettagli e decorazioni a quello ritrovato nella necropoli Pezzino. Come dicevo "virtuale" in quanto  al momento non so dove possa essere conservato.
Questo è tutto, o quasi, anzi ecco il mio modello tridimensionale ispirato al "biberon fittile" di De Miro e per quanto riguarda l'originale non vi resta che cercarlo, trovarlo e ammirarlo direttamente in una delle sale museo.